Fonti storiche documentano la presenza del mulino già nel 1565 quando, il 24 aprile, gli “uomini di Colognola vogliono fabbricare il Ponte nel Fiume avanti il Molino Nuovo ed ottengono dalla Comune 60 some di calce” (nota 1).
Da quell’epoca, il mulino a pietra è stato gestito dalla famiglia Bravi, pur non essendone sempre stata la proprietaria. Nel 1856, infatti, il mulino è proprietà del Sig. Filippo Pasqualini, industriale dello Stato Pontificio.
In quegli anni l’energia del fiume, oltre che a muovere le macine del mulino, viene impiegata per la produzione di materiale pirico autorizzata dall’Imperiale Regio Comando Austriaco di Ancona. Nel 1858 la sola polveriera, che affianca il mulino, arriva ad occupare 80 operai (nota 2).
Negli anni successivi il mulino si trasforma in una vera e propria industria dell’epoca che comprende anche un frantoio e una segheria. In questo modo, il complesso idraulico, grazie ad un sistema di cadute tutt’ora immutato, consente alla stessa acqua di macinare olive e grani e di lavorare il legno.
Nel 1970 il mulino ritorna alla famiglia Bravi e Guido ne diviene proprietario. La sua passione permette il recupero della struttura e la valorizzazione dell’attività molitoria, all’epoca in forte crisi.
Dopo la morte di Guido, l’azienda viene rilevata dai tre figli – Francesco, Ubaldo e Andrea – e nel 2017 la produzione passa al biologico.